Ritratto virile
Giuseppe Bossi (1777-1815)
XIX secolo, Olio su tela
Appassionato custode delle glorie del Rinascimento, oratore affascinante, bibliofilo, collezionista, uomo di mondo, poeta, soprattutto pittore: Giuseppe Bossi, pur vivendo una vita breve, ha lasciato una forte impronta nella cultura artistica italiana tra Settecento e Ottocento, anche in campo museografico. Fu lui infatti fautore della riforma del 1803 degli Statuti dell’Accademia di Brera (della quale era segretario da due anni), la quale permise all'Accademia stessa e alla nascente Pinacoteca di divenire due tra le più importanti istituzioni dell’Italia del nord, propulsive per l’imporsi della cultura neoclassica della quale il Bossi era fautore, insieme ad Antonio Canova (che ammirava moltissimo), a Pelagio Palagi, a Felice Giani e a Pompeo Marchesi. Giuseppe Bossi inoltre impose una lettura civile dell’arte con lo scritto del 1805 Sulla utilità politica delle arti del disegno: in esso sosteneva il valore incitatore alla virtù dell’arte; si adoperò per la pubblicazione pressoché integrale del "Trattato della pittura" di Leonardo, cui si applicò con rigore filologico; dipinse opere di carattere storico dall’età napoleonica e magnifici ritratti, nei quali l’espressione della psicologia del ritrattato è il clou dell’immagine. Il ritratto di giovane uomo in collezione è stato assegnato a questo artista (o a un pittore del suo ambito) per peculiarità di stile quali il tono del colore fondo, la densità della materia pittorica data con pennellate veloci e che anche lasciano trasparire la trama della tela: uno stile quasi troppo coraggioso per uno dei protagonisti della maniera neoclassica italiana.